Claudio Marchisio: “Faccio l’imprenditore per lasciare qualcosa ai miei figli”

Claudio Marchisio

Come si reinventa la vita di un campione. La Juve sempre nel cuore. I rimpianti? Una bambina e quella sconfitta con la Juve in Champions League. «Se una lumaca è arrivata fin quassù significa che non ci sono limiti». Claudio Marchisio, 35 anni, osserva divertito l’animaletto attaccato al vetro della Terrazza Martini, storico 15mo piano con vista mozzafiato su Milano.

Nato e cresciuto a Torino, a soli 7 anni approda alla Juventus, con cui conquisterà 7 scudetti; a lungo pilastro pure della Nazionale, ha vinto anche un campionato russo nel 2019 con lo Zenit di San Pietroburgo, prima di dire addio al calcio giocato e dedicarsi alla seconda vita da imprenditore e commentatore, piano B preparato con doveroso anticipo mentre ancora correva sui campi.

A Milano è arrivato nel ruolo di testimonial di Red, marchio italianissimo, Made in Parabiago dal 1938, dello storico calzificio Rede. «E’ un campione di stile, si è guadagnato il titolo di Principino perché arrivava negli spogliatoi sempre elegante – ricordano i fratelli Giovanni e Michele Marazzini, che portano avanti l’azienda orgogliosamente familiare —. Non è l’atleta classico, parla spesso anche di valori sociali e di ambiente. Ci ha dato visibilità sia nei punti vendita fisici sia sui social perché anche come influencer ha un grande seguito». Sposato dall’età di 22 anni con Roberta, che lo ha fatto diventare papà di Davide e Leonardo, Marchisio è uno che ci mette sempre e non nasconde il proprio lato vanitoso: «Ma sì, credo che la parola metrosexual mi si addicesse alla perfezione», ride.

E allora dia un voto a questa sua vanità…
«Non so se classificarla come vanità o come una certa insicurezza. Sono attento ai dettagli, a qualsiasi cosa su me stesso, ma sono molto autocritico. Mia moglie dopo 15 anni mi dice “Non prendermi in giro perché sai di non avere problemi”. E invece io le ripeto: guarda che anch’io ho le mie fragilità. Amo i cappelli e gli occhiali perché ti nascondono un po’».
Si scusa per la sinusite che lo tormenta. Ha fatto il vaccino ed ora sta per partire per gli impegni in Russia. «Con Amazon lavoro per la Champions League e poi ho altri incarichi».

Come si reinventa la vita di un campione? E’ stato difficile?
«No, perché non ho dovuto reinventare nulla, in realtà. Le mie attività sono nate mentre giocavo ancora a pallone. Perché finivo di allenarmi e al pomeriggio andavo in ufficio anziché a casa. All’inizio lo facevo con spirito leggero, poi piano piano sono riuscito a farne una professione e a fine carriera mi sono trovato una società di comunicazione e marketing digitale (la Mate, insieme a Giorgio Chiellini ndr) ben avviata».

Qual è il suo talento?
«Credo che in realtà sia stato proprio quello di saper giocare a pallone altrimenti ora non sarei arrivato qui…».

Però anche un imprenditore deve avere delle qualità…
«Credo che per me sia stata determinante la curiosità verso gli altri. Fin da ragazzo sono sempre stato curioso, di qualsiasi cosa si parlasse cercavo di andare a vedere, di informarmi il più possibile».

Non c’entra suo padre?
«Certamente ho imparato da lui. Aveva un’impresa di impianti fotovoltaici di riscaldamento, io studiavo da geometra anche se poi non ho finito. Poi, nella vita ho fatto tutt’altro, ma papà mi ha sempre insegnato che bisogna sapere riconoscere i propri limiti e imparare a metterci vicino persone che possano essere di grande aiuto per quello che progetti. Il che mi è servito molto anche nello sport».
Che cosa vorrebbe lasciare ai suoi figli?
«Sono ancora piccoli: Davide, 12 anni, sta entrando nell’adolescenza e vedo che ora sta cominciando a modificare il suo rapporto con me; Leonardo ne ha appena nove… Cerco di spiegare loro che, indipendente dalla scuola, senza impegno, sacrificio e responsabilità non vai da nessuna parte. Da un punto di vista più pratico, quello che potrò lasciare ai miei figli è proprio questa attività imprenditoriale. Calcisticamente non esistono eredità tramandabili».
Un rimpianto?
«Ce ne sono tantissimi. Uno, e non vuol dire che non si possa fare, è di non avere avuto una figlia femmina, ma io e mia moglie siamo arrivati a un equilibrio con il nostro percorso di vita. Per fortuna abbiamo nipotine e cuginetti, ma so già che resterà un rimpianto».

E poi?
«Beh, ci sono le sconfitte delle mia carriera, non tanto per non aver alzato un semplice trofeo, ma perché dietro ogni sconfitta, come dietro ogni vittoria, c’è comunque un percorso… E sai benissimo quanto quel viaggio ti è costato e ci hai investito».
La sconfitta più bruciante?
«Non per mancare di rispetto alla Nazionale italiana con l’Europeo perso del 2012, ma la Champions League del 2015: per la storia che ha la Juve con questa coppa maledetta, è il rimpianto più grande».

Torniamo al sorriso con la routine di bellezza. Ce l’ha la tartaruga?
«In giardino sì, quell’altra non più…».

Come è il suo armadio?
«Molto piccolo perché ho una moglie che ha preso tutto il resto, come è giusto che sia: noi uomini non è che possiamo inventarci più di tanto..».

Lo stile di Marchisio?
«Sono attento ai colori, preferiti nero, blu, bianco. E le calze, non perché siamo qui con Rede, ma ho notato come possono diventare un particolare interessante che cattura l’attenzione. Le donne possono giocare con tanti accessori, all’uomo serve un cappello, una calza o una scarpa».

Come le piacciono?
«Dipende da come sto emotivamente, ma l’umore del giorno dopo io lo conosco già la sera prima. Mi preparo tutto, sennò non vado a dormire».
Precisino, povera moglie…
«Ma lo faccio perché non voglio perdere tempo, una cosa che mi è rimasta dallo sport. Soprattutto nella Juve ci davano sempre il programma con gli orari: se ero in ritiro, 8 e mezza sveglia, entro le 9 colazione, 9 e mezza parte il pullman, 10 spogliatoi, 11 allenamento. Già dall’adolescenza ce lo inculcavano e dopo averlo fatto per tanti anni poi ti rimane come routine nella vita quotidiana. Oggi, se metto la sveglia 8 e mezzo so già che alle 8.45 ho già fatto la doccia e mi sono vestito, perché alle 9 sono già fuori di casa e più o meno mezz’ora dopo sono in ufficio. E so che non è una bella cosa perché se ti va storto qualcosa vai in crisi… Io poi non amo arrivare in ritardo. Lo trovo una mancanza di rispetto. Sono più indulgente con gli altri che con me stesso».
Però trova il tempo per prendersi cura di sé: usa le creme?
«Sì, da tanti anni ormai. Anche il contorno occhi perché soffro di occhiaie».
La sera picchietta gli occhi?
«Sì, dopo aver lavato il viso con un detergente. E non uso l’acqua fredda perché aumenta i capillari. Solo sul corpo, sul viso solo quella tiepida sotto la doccia».

Quanti tatuaggi ha?
«Ho le braccia tutte piene».

Che cosa rappresentano?
«Sono tattoo della Polinesia francese o Cambogia. Tutti legati alla protezione della famiglia».

Claudio Marchisio: “Faccio l’imprenditore per lasciare qualcosa ai miei figli”ultima modifica: 2021-10-18T07:00:47+02:00da nessi-15
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